La Settimana Mondiale della Tiroide si celebra dal 18 al 25 maggio 2015
Scopo della manifestazione è sensibilizzare l'opinione pubblica e il mondo scientifico sui crescenti problemi legati alle malattie della tiroide, con particolare riguardo all'azione preventiva della iodoprofilassi.
Lo iodio è un micronutriente essenziale per il corretto funzionamento della tiroide in quanto costituente principale degli ormoni tiroidei. La carenza di iodio è la causa principale del gozzo, cioè di un aumento delle dimensioni della tiroide, della formazioni dei noduli e di molti altri effetti dannosi sulla salute, indicati nel loro insieme come “disturbi da carenza iodica”. Particolarmente sensibile al difetto di questo micronutriente è il cervello in età fetale e neonatale che ha uno sviluppo incompleto in condizioni di carenza iodica. Lo iodio si assume con gli alimenti. Purtroppo, le quantità di iodio presenti nella maggior parte dei cibi e bevande sono basse in quanto gli eventi climatici verificatesi nelle diverse ere geologiche hanno reso questo elemento scarso in vaste aree del pianeta. La carenza di iodio colpisce non solo le aree montane ma anche le regioni pianeggianti e costiere.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un apporto giornaliero di iodio pari a 150 μg. Per i bambini fino a 6 anni questo fabbisogno scende a 90 μg al giorno ed a 120 μg/giorno per i bambini in età scolare (7-12 anni).
Il contenuto di iodio è estremamente variabile nei diversi alimenti. Le concentrazioni più elevate si hanno nei crostacei con oltre 300 μg per 100 g, nel pesce di mare con una media di 80 μg per 100 g di peso fresco.
Concentrazioni molto più basse si hanno negli altri alimenti, con valori medi pari a 8 per le uova, 5 per la carne e latte, 3 per il pesce d’acqua dolce, 6 per i cereali, 3 per i legumi, 3 per i vegetali, 2 per la frutta. All’interno di ciascuna categoria le variazioni possono essere comunque molto ampie, dal momento che la localizzazione geografica influenza il contenuto di iodio.
Lo iodio introdotto con gli alimenti non è sufficiente a raggiungere il fabbisogno giornaliero. Una dieta equilibrata, con 2 porzioni di pesce a settimana, latte tutti i giorni, e un pò di formaggio, garantisce infatti solo circa il 50% del fabbisogno.
Durante la gravidanza il fabbisogno di iodio aumenta ed è pari a 250-300 µg al giorno. Questo è dovuto ad un aumento della perdita renale di iodio indotta dagli estrogeni ma anche all’esigenza di aumentare la sintesi ormonale da parte della tiroide materna, indispensabile per il corretto sviluppo della placenta e del feto. Una quota di iodio assunto dalla madre viene utilizzata dal feto per la propria produzione di ormoni tiroidei. Se l’apporto di iodio con la dieta non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno della madre e del feto, si può instaurare una condizione di ipotiroidismo (materno o materno-fetale), le cui conseguenze sono tanto più gravi quanto più marcato e protratto è il deficit ormonale. In particolare, poiché durante la vita intra-uterina gli ormoni tiroidei concorrono al corretto sviluppo del sistema nervoso centrale del feto, un apporto nutrizionale di iodio insufficiente in questa fase della vita può compromettere lo sviluppo intellettivo e cognitivo del nascituro.
Anche durante l’allattamento è necessario che la madre fornisca un’adeguata quantità di iodio al proprio neonato in modo da assicurargli una normale funzione tiroidea durante questa fase della vita.
Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le donne di età fertile residenti in aree geografiche dove l’apporto di iodio con gli alimenti non è sufficiente a soddisfare le necessità della gravidanza e dell’allattamento, oltre ad utilizzare con costanza e regolarità il sale iodato, dovrebbero assumere una quantità supplementare di iodio ricorrendo a specifiche integrazioni, sia prima che durante la gestazione.
Visto lo scarso contenuto di iodio negli alimenti è necessario che l’alimentazione quotidiana sia quanto più possibile varia e preveda il consumo di pesce almeno 1-2 volte alla settimana; nello stesso tempo tuttavia è necessario che venga integrata da quantità di iodio aggiunto. A questo scopo un valido strumento è rappresentato dal sale arricchito di iodio, comunemente indicato con il termine di sale iodato, che consente di coprire il fabbisogno fisiologico giornaliero fornendo 30 μg di iodio per grammo di sale. In Italia una legge emanata nel 2005 prevede una serie di misure finalizzate a promuovere il consumo di sale iodato su tutto il territorio nazionale, quali la presenza obbligatoria di sale iodato nei punti vendita, la fornitura del sale comune soltanto su specifica richiesta dei consumatori, l’uso di sale arricchito di iodio nella ristorazione collettiva e la possibilità di utilizzazione nella preparazione e conservazione dei prodotti alimentari.
Il sale iodato è un alimento non un farmaco, quindi non ha effetti collaterali. Il sale iodato aggiunge solamente iodio all’alimentazione e ne integra la carenza. Nel nostro paese, come nella maggior parte dei paesi europei, si raccomanda di mantenere il consumo giornaliero di sale sui 3-5 grammi per ridurre l’impatto negativo che l’eccessivo consumo di sale esercita sulla pressione arteriosa e sulle malattie cardiovascolari. Mantenendo comunque il consumo del sale entro queste raccomandazioni, l’uso del sale arricchito con iodio aggiunto agli alimenti consente di raggiungere una quantità giornaliera di iodio pari a 90-150 μg che è più che sufficiente a garantire un adeguato apporto di iodio.
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